Il prof. Francesco Barbagallo sul Mattino fa un’analisi delle differenze tra meridionalismo e sudismo. Cita il valore di tanti meridionalisti e censura i limiti dei sudisti, quelli che, secondo lui, in questi anni hanno chiesto o “estorto” e gestito soldi pubblici e, recemente, “permeati di neoborbonismo”, continuano a farlo.
Mi perdonerete se mi ritorna in mente sempre il solito grande Massimo Troisi quando “rimproverava” al presidente Pertini il dito puntato in tv (“chi ha rubato i soldi del Belice?”) e che aveva deluso il padre, un povero ferroviere che di quei soldi non sapeva nulla (“quel dito forse lo dovevate puntare su qualcun altro e non su papà”). Lo schema potrebbe presentare qualche somiglianza. La questione meridionale è nata oltre 160 anni fa e non è stata mai risolta e in questi anni è ancora più drammatica con un Sud che ha, di fatto, circa la metà dei diritti e dei servizi di quelli del resto dell’Italia.
È più colpa dei “neoborbonici” (semplici storici volontari e poveri divulgatori di storia e orgoglio) o di intere schiere di meridionalisti che magari hanno studiato per decenni il problema ma non lo hanno mai risolto? È giusto puntare il dito su chi rivendica (Costituzione Italiana alla mano) pari diritti tra Nord e Sud denunciando le colpe delle classi dirigenti meridionali e senza avere/ chiedere incarichi o ruoli pubblici o su chi, magari senza un pizzico di autocritica, in questi anni è stato ed è formatore eccellente nelle università, giornalista a pagine intere o direttore di riviste nazionali? “Ah, saperlo”, diceva il compianto amico Riccardo Pazzaglia… Noi, grazie a Dio, intanto, siamo davvero “permeati di neoborbonismo” e stiamo cercando, con fatica e con successo, strade diverse da quelle percorse finora in maniera (purtroppo possiamo dirlo) fallimentare.
Gennaro De Crescenzo